Ordinanza n. 61/2018, interesse o funzione culturale? Il pasticcio è servito.

Ordinanza n. 61/2018, interesse o funzione culturale? Il pasticcio è servito.

Subito dopo aver letto il titolo dell’ordinanza del commissario n. 61 del 01/08/2018, abbiamo avuto un gran sollievo.

L’ottimismo deriva dal fatto che, chi scrive, crede fermamente che il bello dei nostri territori sia il volano per ripartire in maniera sostenibile basando l’economia locale sul turismo e la cultura.

Infatti il tanto atteso provvedimento titola:
“Misure per la riparazione, il ripristino e la ricostruzione di immobili di proprietà privata di interesse culturale o destinati a uso pubblico.”

Nel leggere il titolo dell’ordinanza, possiamo immaginare che vengano regolamentate due categorie di immobili di proprietà privata:

    1. Quelli di interesse culturale, diversi da residenziali e produttivi, già regolamentanti con altre ordinanze, quindi quei beni per il quale è intervenuto un vincolo puntuale del MIBACT a seguito di verifica di interesse culturale;
    2. Quelli destinati ad uso pubblico.


Da una parte c’è un decreto del MIBACT, che accerta per un determinato edificio ci sia valore culturale in base a valori: storici, artistici, di testimonianza, di sistema, etc. Dall’ altro, ci può essere un qualsiasi edificio che accoglie funzioni culturali (cinema, teatro, sala mostre e tanto altro, ancora di non facile definizione).

In sintesi, trattiamo il patrimonio privato ad interesse collettivo per rilevanza culturale oppure per utilizzo pubblico.

Nota bene, parliamo di interesse culturale e non cultuale che è un’altra cosa, il bene cultuale è la chiesa dove si prega, il bene culturale è il monumento per il quale è intervenuto il vincolo e può avere qualsiasi funzione.

Fin qui tutto chiaro, anzi diciamo che ci aspettavamo un provvedimento del genere in considerazione del fatto che esisteva una sola ordinanza precedente che trattava il tema del patrimonio culturale (l’Ordinanza del Commissario n. 38 dell’8 settembre 2017), la quale definiva, infatti, un primo piano di interventi sui beni del patrimonio artistico e culturale, compresi quelli sottoposti a tutela ai sensi del codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 di proprietà pubblica.

Già in questa prima fase del piano beni culturali pubblici, si erano presentate delle problematiche con “intrusione” di alcuni interventi su immobili di proprietà privata  in elenco poi prontamente esclusi dal Commissario.

Per venire al dunque, nel leggere il contenuto del provvedimento, all’ Art. 1 dell’ ordinanza, si rischia di sprofondare in uno stato catatonico per intravedere un probabile strafalcione da parte dell’estensore della norma.

Ci auguriamo di sbagliare, ma i dubbi vanno sollevati per attivare il chiarimento.

L’articolo 1 dell’ordinanza, come sempre accade, definisce l’ambito di applicazione della norma e cita:
“Le disposizioni della presente ordinanza, in attuazione dell’ articolo 5, comma 2, lettere a), c), d) ed e) del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito con modificazioni dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229, e s.m.i. (d’ora innanzi denominato “decreto-legge”), disciplinano gli interventi di riparazione, ripristino e ricostruzione dei seguenti edifici privati danneggiati o distrutti dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016 e dichiarati totalmente o parzialmente inagibili con ordinanza sindacale, ubicati nei Comuni di cui all’ articolo 1 del citato decreto-legge:
 a) edifici in muratura a destinazione diversa da quella prevalentemente abitativa o produttiva, che al momento dei suddetti eventi sismici erano adibiti a funzioni culturali, sociali o religiose e risultavano dotati di uno o più vani di altezza libera interpiano mediamente superiore a mt 5 o di superficie netta in pianta maggiore di mq 300;
b) edifici in muratura a destinazione diversa da quella prevalentemente abitativa o produttiva, che al momento dei suddetti eventi sismici erano adibiti a usi diversi da quelli indicati alla lettera a) e risultavano dotati di uno o più vani di altezza libera interpiano mediamente superiore a mt 15;
c) edifici i quali, anche se non dotati delle caratteristiche di cui alle lettere a) e b), al momento degli eventi sismici erano adibiti ad usi pubblici, ivi compresi, a mero titolo esemplificativo, la destinazione a scuole private e paritarie, a strutture sanitarie e socio-sanitarie e a caserme.”

In pratica la norma al punto a) così scritto e formulato, non sembra aprire alla possibilità di contributo per edifici  privati di interesse culturale, ma ad edifici privati adibiti a funzione culturale, c’è una bella differenza.

Il punto b) diventa ancora più vago, non facendo lo stesso riferimento né a interesse culturale tanto meno funzione culturale.

Il punto c) sembra volersi dirigere verso l’altra categoria degli immobili ad uso pubblico che non c’entrano niente con l’interesse culturale ma incomprensibilmente si va ad ancorare alle altre due fattispecie.

Potrebbe essere che qualche giurista estensore della norma abbia potuto confondere i due concetti di:
edificio di interesse culturale  con   edificio a funzione culturale?

Se così fosse sarebbe ci sarebbe da sistemare e velocemente.

Il senso del titolo dell’ordinanza e le motivazioni che possono cogliersi dalle premesse dovevano esserci due fattispecie, completamente slegate, poi è incomprensibile che nell’art. 1 che delinea l’alveo di applicazione non si faccia riferimento all’interesse culturale.

Accertato che si tratta di edifici di proprietà privata, andrebbe detto prima se entriamo nel sottoinsieme degli edifici monumentali o beni culturali che si voglia dire, poi andare a disquisire sulle funzioni.

L’idea è che l’ordinanza volesse regolamentare semplicemente la seguente fattispecie: edifici privati, vincolati, diversi dal residenziale e produttivo.

Ci si è incartati su tutto un discorso di funzioni che poteva essere riassunto con “diversi dai produttivi e residenziali” dimenticando di dire che trattasi di edifici sottoposti a vincolo culturale. 

A confermare la volontà del legislatore di regolamentare gli interventi sui beni culturali, c’è poi l’Articolo 4 che impartisce specifiche disposizioni per gli edifici di interesse culturale.

Quindi il titolo dell’ ordinanza e l’art. 4 stesso sembrano far intendere  la volontà di regolamentare gli interventi su edifici privati di interesse culturale, ma di fatto questo non si concretizza.

In pratica, crediamo di poter dire che il provvedimento non è attuabile per la parte dei beni culturali privati, ma solo per quella di uso pubblico.

Ci auguriamo vivamente di sbagliare, ma i dubbi ci sono e come siamo soliti fare solleviamo eccezione affinché si animi una discussione e si comprenda il da farsi.

Certo che se l’errore derivasse dalla fretta e l’urgenza, ci si potrebbe passare su, ma se l’estensore della norma invece non conosce la differenza tra edificio ad uso culturale con edificio di interesse culturale sarebbe molto grave.

Per chi volesse dare spunti e osservazioni restiamo a disposizione sperando, per questa volta, di aver sbagliato a capire.

04/08/2018

Direzione Renovo

 

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